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SOSTENIBILITÀ 19-12-2019

Dossier RSE, biomasse legnose: affidabilità, programmabilità e flessibilità per sostituire fonti fossili

La società pubblica di ricerca RSE (Ricerca sistema energetico) ha diffuso un dossier incentrato sull’analisi delle biomasse legnose derivate da boschi e foreste e sul loro utilizzo efficiente mediante la cogenerazione e le reti di teleriscaldamento. Secondo il dossier le biomasse forestali sono una fonte energetica rinnovabile che, a differenza di solare e eolico, risulta facilmente immagazzinabile e utilizzabile in modo prevedibile e modulabile e che per questo presenta un ottimo potenziale di produzione energetica, oggi sfruttato solo in parte.

 

Lo studio ha preso in considerazione svariati aspetti legati alle biomasse legnose, a partire dal patrimonio forestale e boschivo italiano, che continua a crescere (il dossier stima che negli ultimi 100 anni in Italia la superficie boschiva sia raddoppiata), con un incremento annuo dello 0,2 %, principalmente dovuto all’abbandono di superfici coltivate.

 

L’utilizzo energetico delle biomasse legnose, sotto forma di legno vergine e di scarti dell’industria forestale, della lavorazione del legno e dell’agricoltura, avviene nelle forme della produzione di calore, di energia elettrica e di entrambe simultaneamente mediante la cogenerazione, in molti casi abbinata al teleriscaldamento, che secondo il dossier RSE rappresenta l’applicazione più efficiente e ambientalmente vantaggiosa. La produzione di energia elettrica attuale è di circa 4 TWh (TERNA dati statistici) (1,4% del totale), quella termica di circa 86 TWh (Elab. RSE su dati GSE rapporto FER 2017), circa il 24 % del fabbisogno di riscaldamento residenziale, quest’ultimo desunto dal rapporto annuale ENEA sull’efficienza energetica (Rapporto ENEA 2017).

 

Nei casi di utilizzo per la produzione di energia elettrica o calore, riporta la RSE, per il cippato ottenuto da legno vergine, scarti di lavorazione del bosco e dell’industria del legno, con distanze fra luogo di origine e di utilizzo inferiori a 500 km, le percentuali tipiche di CO2 evitata sono comprese fra l’89 e il 94%. Un po’ inferiori, a pari distanza, risultano le percentuali tipiche di CO2 evitata nel caso della biomassa legnosa coltivata: fra l’83 e il 91%. Le percentuali si riducono all’aumentare delle distanze di trasporto, restando comunque superiori all’84% per la biomassa forestale con distanze fino a 2500 km.

 

Il caso più interessante analizzato dal dossier RSE è l’utilizzo in cogenerazione, tipicamente per alimentare reti di teleriscaldamento: considerando il rendimento tipico elettrico (15%) e termico (65%) di un impianto di cogenerazione di cippato di piccola-media taglia (nell’ordine del MW) e valutando le emissioni evitate in base alla produzione separata di energia elettrica e calore a partire da gas naturale, si ricava che le emissioni evitate sono del 91%.

 

Il dossier chiarisce come, in termini di emissioni evitate, l’uso energetico delle biomasse sia “del tutto equivalente a quello del fotovoltaico su edifici” e che, rispetto al problema dei cambiamenti climatici, la valorizzazione e il prelievo della biomassa boschiva sia parte necessaria della strategia energetica da adottare. Se l’Italia raggiungesse i livelli di utilizzo di questa materia prima equiparandosi alla media europea e considerando gli impianti di cogenerazione, si potrebbe ottenere una nuova potenza installabile di 1.900 MW elettrici e una produzione addizionale elettrica di 7,5 TWh e termica di 30 TWh. 

 

Lo studio infine affronta il tema degli inquinanti locali: un problema di rilievo nel caso di usi termici in piccole caldaie, stufe, camini, per i quali le soluzioni efficaci di abbattimento devono passare per una strategia di incentivazioni per l’ammodernamento del parco apparecchi installati e la sostituzione degli apparecchi meno efficienti. Il problema è invece molto meno rilevante per quanto riguarda gli impianti di combustione (tipicamente cogenerativi) di taglia medio – grande (qualche MW termico): l’uso (ormai indispensabile, per le normative in vigore) dei sistemi di filtrazione dei fumi è infatti in grado di ridurre drasticamente le emissioni di polveri sottili, mentre le nuove norme intervenute in molte Regioni italiane stanno portando gli operatori a introdurre sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto, con interventi che possono essere facilmente applicabili e di costo contenuto.

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