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POLITICA 22-04-2021

Parlamento UE: l'uso della biomassa legnosa per la produzione di energia nell'Unione Europea

La settimana scorsa si è tenuta, presso la Commissione Ambiente del Parlamento europeo, la discussione sullo studio redatto dalla European Commission Joint Research Center UE dal titolo: “L’uso della biomassa legnosa per la produzione di energia nell’Unione Europea”. La relazione rappresenta un modello nozionistico fondamentale per comprendere l’utilizzo di questa alternativa fonte di energia anche in luce al regolamento “Land use, land-use change and forestry” (LULUCF) e quello sulle biomasse stesse.

Lo studio è stato effettuato con lo scopo di sostenere il processo decisionale politico. A maggio, la strategia sulla biodiversità per il 2030 della Commissione dichiara che la ricerca dovrebbe rappresentare un punto di partenza per una revisione dell’attuale normativa dell’Unione, alla luce di quelle che sono le nuove ambizioni nel contesto della biomassa, come previsto dal Green Deal. La Commissione si è impegnata a pubblicare questa relazione sull'uso della biomassa forestale per la produzione di energia al fine di informare le politiche climatiche ed energetiche dell'UE che regolano l'uso sostenibile della biomassa forestale per la produzione di energia e la contabilizzazione degli impatti di carbonio associati, tenendo conto delle diverse direttive e regolamenti, quali: la Direttiva sulle energie rinnovabili, il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) e il regolamento sull'uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura (LULUCF) (figura 1).

 

Complessivamente, i dati dello studio dimostrano che l’uso della biomassa legnosa è in crescita in tutti i paesi dell’UE per uso energetico, malgrado una leggera riduzione nel 2013. La fonte primaria (biomassa legnosa estratta direttamente dalle foreste o al di fuori delle foreste senza ulteriori trattamenti o conversioni) costituisce almeno il 37% del mix di input di legno per l’energia dell'UE. È stato stimato, inoltre, che circa il 47% di tale legno è costituito da fusti, mentre il restante 53% da altri componenti (cime, rami, ecc.). Al contrario, la fonte secondaria (sottoprodotti dell'industria di lavorazione del legno, corteccia e legno di recupero post-consumo) rappresenta circa il 49% del mix di legno per l'energia nell'UE. Infine, il 14% del mix di input non è categorizzato nelle statistiche riportate e quindi non può essere direttamente attribuito a fonti primarie o secondarie.

Partendo dell’assunto che la domanda di bioenergia dovrebbe aumentare, è essenziale incrementare la richiesta di legno e biomassa legnosa. Questo può avvenire: attraverso lo sviluppo di zone silvicole oppure cambiando i modelli di consumo. Ci sono molteplici modi per produrre biomassa, ad ogni modo, il Centro di ricerca, nel corso della sua esposizione, ha messo l’accento su tre principali interventi, valutandone i potenziali impatti: aumento della raccolta di residui di legname, afforestazione/riforestazione e conversione delle foreste naturali in piantagioni. Questi tre esempi sono stati selezionati in quanto considerati come operazioni in grado di fornire biomassa “aggiuntiva”, ovvero producendo biomassa che non verrebbe prodotta senza una reale domanda di mercato.

La domanda di biomassa sta aumentando in tutto il mondo, ma il cambiamento climatico, le crescenti pressioni sull'ambiente e la perdita su larga scala di specie animali e vegetali stanno minacciando la disponibilità di quest’ultima. La sfida che l’UE si è posta verte nel conciliare questa crescente domanda, consapevole di tutti i suoi vantaggi nel sostituire i materiali e i combustibili fossili, con la gestione sostenibile, compresa la protezione e il ripristino degli ecosistemi forestali che la producono. Malgrado la naturale competizione all’interno del mercato del legno, da parte delle diverse industrie legate al settore della silvicoltura, le turbative innescate da calamità naturali e il drastico aumento dei disboscamenti, stanno introducendo sul mercato legno danneggiato. Per tale ragione, l’eccesso di offerta di questo materiale deteriorato potrebbe distorcere il mercato nel breve termine, riducendo il prezzo del legno e spostando i flussi di biomassa legnosa verso il settore energetico.

Secondo lo studio, la possibilità di raggiungere gli obbiettivi prefissati dal Green Deal, volgendo lo sguardo verso una ripresa verde per rendere l'Europa il primo continente climaticamente neutrale, dipenderà in larga misura dai modi in cui utilizziamo le nostre risorse naturali per produrre cibo, materiali ed energia. Lo studio delinea come la biomassa legnosa per l’energia possa essere prodotta, lavorata e utilizzata in modo sostenibile ed efficiente per ottimizzare il risparmio di gas serra e mantenere i servizi ecosistemici, il tutto senza causare deforestazione, degrado degli habitat o perdita di biodiversità.

Le energie rinnovabili nel 2016 hanno costituito il 17% del consumo finale lordo di energia dell'UE. La bioenergia ha rappresentato il 59,2% di tutte le fonti rinnovabili, mentre più del 60% della biomassa domestica dell'UE erogata per scopi energetici era a base di legno.

Il grafico nella Figura 2 mostra in dettaglio il mix di input di biomassa legnosa per la produzione di energia. Il 63% del legno utilizzato nell’UE - sia da fonti primarie che secondarie, tanto di provenienza nazionale o importate – è stato destinato alla produzione di bioenergia nel 2015, di cui il 37% derivante solo dal legno primario. Mentre La biomassa legnosa secondaria, che comprende i sottoprodotti dell'industria di trasformazione del legno, sia solidi (segatura, trucioli, ecc.) che liquidi (black liquor o tall oil, combustibili di legno lavorati e legno recuperato post consumo), hanno contribuito almeno al 49% della produzione di energia. Secondo le stime riportate nello studio, nel 2015 il legno primario usato per l'energia era per il 65% legna da ardere, per l’11% legno industriale in tronchi e per il 24% rimozioni non dichiarate.

Il settore silvicolo è stato identificato come parte della soluzione a molte sfide globali e come contributo fondamentale agli obiettivi dell'UE. Difatti, le foreste forniscono una vasta gamma di servizi ecosistemici, come: lo stoccaggio e il sequestro del carbonio, la fornitura di habitat, la regolazione dell'acqua (qualità, quantità, flusso), la regolazione della qualità dell'aria e il controllo dell'erosione del suolo. L'UE, insieme ai paesi firmatari della Conferenza ministeriale per la protezione delle foreste in Europa (Forest Europe) ha approvato i principi della gestione sostenibile delle foreste, come stabilito nelle dichiarazioni di Forest Europe. Inoltre, in tutti gli Stati membri dell'UE sono in vigore disposizioni volte a salvaguardare la sostenibilità della gestione delle foreste.

L'analisi degli usi della biomassa legnosa per l'energia, i suoi flussi e i suoi impatti, richiede un'approfondita valutazione delle relative catene di valore che collegano la produzione primaria all'uso finale. Sebbene nessun set di dati pubblici descriva i flussi di biomassa legnosa, specificamente per l'energia, molteplici indagini e statistiche forniscono informazioni su diverse parti della catena del valore. L'uso della biomassa legnosa per l'energia avviene in un quadro complesso in cui il settore silvicolo e la sua dinamica generale è, in parte, un fornitore di energia in un contesto politico che mira a ridurre l'uso di energia non rinnovabile e le emissioni di gas serra.

Valutare l'impatto della bioenergia forestale sulle condizioni degli ecosistemi in generale, e in particolare sulla biodiversità, è al quanto complesso, poiché i percorsi bioenergetici possono potenzialmente esercitare molteplici pressioni sugli ecosistemi. Questo crea un'intricata matrice di compromessi e sinergie tra la produzione di bioenergia forestale, biodiversità e condizioni delle foreste. A livello locale, l'intensificazione della gestione delle foreste, per produrre ulteriore biomassa, può aumentare le pressioni sugli ecosistemi forestali. Allo stesso modo, il cambiamento dell'uso del suolo, associato al rimboschimento, può determinare tanto impatti positivi, quanto negativi sulla stessa biodiversità. Inoltre, la catena di approvvigionamento per produrre materie prime bioenergetiche è associata all'emissione di inquinanti che possono contribuire all'acidificazione, all'eutrofizzazione e a ulteriori cambiamenti climatici. Secondo la ricerca, il compromesso tra: i potenziali vantaggi a lungo termine della mitigazione del cambiamento climatico e quelli nel breve, per quanto concerne il possibile degrado degli ecosistemi locali, sono esternamente complessi per essere quantificati.

In conclusione, come la stessa relatrice dello studio dichiara nel corso della sua presentazione, i principali messaggi chiave che scaturiscono dallo studio vertono su:

  • Un futuro incremento e sforzo nel monitorare l’uso della biomassa legnosa per la produzione di bioenergia, in quanto, ad oggi, permangono importanti lacune. In tale cornice, vengono richiesti nuovi requisiti di rendicontazione che potrebbe colmare molti dei gap conoscitivi del settore, oltre alla possibile tracciabilità della biomassa, in particolar modo dove ci sono grandi centrali.
  • Applicazione rigorosa dei nuovi criteri di sostenibilità a livello di Stati membri. È fondamentale che i Paesi definiscano dei massimali nelle zone in cui si produce energia, tenendo in considerazione tutti i tipi di rifiuti che vengono utilizzati. La divergenza tra i vari Stati membri deve essere colmata attraverso incentivi sostanziali.
  • Applicazione non solo per la biomassa agricola, ma anche per la biomassa di origine silvicola, tenendo conto della biodiversità dei vari ecosistemi.
  • Minimizzare i rischi legati alla biodiversità, in modo da prevedere azioni mirate e garanzie ad hoc.
  • Sviluppare misure che possono affrontare potenziali rischi associati alle biomasse importate, palliando attività dannose.

Durante il dibattito in Parlamento UE, Catharina Sikow-Magny, commissario della DG ENERGY della Commissione europea, ha sottolineato l’importanza della biomassa, in quanto una delle principali fonti di energia rinnovabile con quasi il 60% di produzione nell’UE, oltre ad essere un elemento chiave per il raggiungimento degli obbiettivi prefissati per il 2030 e il 2050. La bioenergia, inoltre, per molti Stati membri rappresenta uno strumento indispensabile per concretizzare la transizione, oltre che per decarbonizzare alcuni settori specifici come ad esempio l’aviazione o i trasporti in generale, ambiti in cui l’elettrificazione è complessa e non efficiente a livello di costi. Al contempo, la sostenibilità della bioenergia è un requisito essenziale per il futuro stesso di tale fonte, tenendo conto dell’aumento della deforestazione e della riduzione delle zone silvicole. Difatti, circa il 30% delle foreste europee sono in uno stato di degrado.

Il quadro di sostenibilità dell’UE è stato ulteriormente rafforzato, con lo scopo di fare fronte alle sfide future. Tra i principali provvedimenti è possibile rimarcare la Direttiva Rinnovabili, la quale riprende i criteri di sostenibilità e copre tanto i biocarburanti, quanto la biomassa utilizzata per la produzione di energia. È inoltre necessario mettere l’accento sull’uso dei non riciclabili nella produzione di bioenergia.

L’attuale criterio di sostenibilità, nella Direttiva energie rinnovabili, è in grado di evitare i potenziali rischi ambientali associati all’aumento della produzione di bioenergia. In tale senso, la Commissione sta attuando un atto di esecuzione che fornirà delle linee guida agli Stati membri per la promozione di un’attuazione armonizzata e rigorosa dei vari criteri di sostenibilità.

Infine, il Commissario evidenzia, nello studio sulle biomasse, due azioni per ulteriori garanzie ambientali della bioenergia: applicare delle zone “no-go” per la biomassa silvicola. Mentre la seconda raccomandazione verte sull’ampliare il campo di applicazione dei criteri di sostenibilità, per coprire anche le centrali al di sotto del 20 MegaWatt, migliorandone l’efficacia energetica.